di Lorraine Levy

Francia  2012 -105’-

con: Emmanuelle Devos, Jules Sitruk,

Bruno Podalydès, Pascal Elbé, Khalifa Natour, Ezra Dagan, Mehdi Dehbi, Areen Omari

 

 

 

 

Durante la visita per il servizio di leva nell’esercito israeliano, Joseph scopre di non essere il figlio biologico dei suoi genitori, poiché appena nato è stato scambiato per errore con Yacine, palestinese dei territori occupati della Cisgiordania. La rivelazione getta lo scompiglio tra le due famiglie, costringendo ognuno a interrogarsi sulle rispettive identità e convinzioni, nonché sul senso dell’ostilità che continua a dividere i due popoli. Un’opera emozionante che affronta temi di drammatica attualità cercando le risposte nel cuore della gente comune e affidando le speranze per il futuro alle donne e alle nuove generazioni.

Guarda il trailer: Il figlio dell’altra – MYmovies

Le recensioni scelte da Gulliver:

Da Il Corriere della sera recensione di Paolo Mereghetti

Con i «se» non si fa la storia. Eppure il cinema ogni tanto ci riesce, se non a cambiarne il corso per lo meno a farci vedere cosa potrebbe succedere se… È questo uno dei meriti del film Il figlio dell’altra di Lorraine Lévy, regista ebrea residente a Parigi, che ha rielaborato con Noam Fitoussi e Nathalie Saugeon uno spunto di cronaca per costruirne una storia esemplare della serie «cosa potrebbe succedere se…» Man mano che la storia seguiva il suo percorso e i vari protagonisti faticavano a trovare un modo per risolvere la loro situazione, anch’io mi sono trovato a pensare come la regista avrebbe risolto tutte quelle contraddizioni, a immaginare una via di fuga o una soluzione possibile. E a ogni scena successiva il film mi sorprendeva per la sua capacità di non cercare scorciatoie o improbabili colpi di scena. Ero affascinato e completamente trascinato dentro la storia. Poi, a un certo momento, il film deve ben finire. E il modo in cui lo fa – con i due ragazzi che si invitano a «non sprecare la vita» – mi è sembrato uno dei più onesti e più indovinati possibili. Un finale dove i due protagonisti si interrogano sul loro futuro per un film che pone tante domande lasciando a chi guarda il compito di immaginare le risposte.

Da La Stampa recensione di Alessandra Levantesi Kezich

Centrale fin dal Medioevo nel folklore europeo, il motivo del «figlio scambiato» rispecchia ancestrali angosce materne e spietati giochi dinastici; oppure eventuali crisi di identità come nel film di Lorraine Levy, regista ebrea parigina, dove il tema si carica di una valenza assai complessa che attiene alla sfera religioso/storico/ideologica oltre che familiare. Preso in questo senso, come un invito alla (ri)conciliazione, come un’utopica prefigurazione di possibile convivenza, il film ha una sua ragione di essere; e la Levy mostra buona mano nell’ambientare e orchestrare i contrastanti quadri familiari. Ma al contempo la sceneggiatura resta in superficie e gli intricati nodi, degni di una tragedia greca, si sciolgono con quella disinvolta facilità che sempre assolviamo nel cinema hollywoodiano, perché lì il gioco rientra nei dichiarati parametri della fiction; mentre da una realistica pellicola europea pretendiamo maggior rigore e profondità.