Orso d’oro – Miglior film: Poziţia Copilului (Child’s Pose) di Călin Peter Netzer
Orso d’argento - Gran Premio della giuria: Epizoda u životu berača željeza (An Episode in the Life of an Iron Picker) di Danis Tanović
Orso d’argento – Miglior regia: David Gordon Green per Prince Avalanche
Orso d’argento – Miglior attrice: Paulina García in Gloria di Sebastián Lelio
Orso d’argento – Miglior attore: An Episode in the Life of an Iron Picker di Danis Tanović
Orso d’argento per il contributo artistico: Aziz Zhambakiyev per la fotografia in Uroki Garmonii (Harmony Lessons) di Emir Baigazin
Orso d’argento – Miglior sceneggiatura: Jafar Panahi per Pardé (Closed Curtain) di Jafar Panahi, Kamboziya Partovi
Premio Alfred Bauer: Vic+Flo ont vu un ours (Vic+Flo Saw a Bear) di von Denis Côté
Menzione Speciale: Promised Land di Gus Van Sant
Menzione speciale: Layla Fourie di Pia Marais
Orso d’oro – Miglior cortometraggio: La Fugue (The Runaway) di Jean-Bernard Marlin
Orso d’argento – Premio della giuria: Die ruhe bleibt (remains quiet) di Stefan Kriekhaus
European Film Awards 2013: Misterio (Mystery) di Chema García Ibarra
Un commento alla Berlinale 63 dalla rivista “Sentieri selvaggi”
Il film del regista rumeno, Calin Peter Netzer, ‘Child’s pose‘ ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Orso d’argento per la regia a ‘Prince Avalanche‘ di David Gordon Green, mentre la cilena Paulina Garcia ha vinto l’Orso d’argento come migliore attrice nel film ‘Gloria‘ di Sebastian Lelio. L’Orso d’argento per il miglior attore è andato al rumeno Natif Mujic per il film bosniaco “An episode in the life of an iron picker“. Il regista iraniano Jafar Panahi ha vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura con il film ‘Closed curtain‘. L’Orso d’argento per il premio Gran giuria della Berlinale è andato a Denis Tanovic, per il film “Un episodio della vita di un cacciatore di ferraglia”. Il film di Gus Van Sant, ‘Promised Land‘, con Matt Damon, ha ottenuto una delle due menzioni speciali date dalla giuria. Un riconoscimento analogo è andato a ‘Layla Fourie‘ della sudafricana Pia Marais.
Il film vincitore. Per quanto riguarda il film vincitore del festival, ‘Child’s pose’, con riferimento alla posizione del bambino dello yoga, il film racconta del rapporto tra una madre dell’alta borghesia rumena e suo figlio, colpevole di aver investito e ucciso un giovane proletario. La madre farà di tutto per evitare a suo figlio la prigione servendosi dei suoi soldi e delle sue conoscenze. Nel 2012 l’Orso d’oro del Festival di Berlino era andato al film dei fratelli Taviani, “Cesare deve morire”.
Il regista. Nato nel 1975 in Romania, il giovane regista Calin Peter Netzer è presto emigrato con la famiglia in Germania, dove ha frequentato la scuola a Stoccarda. La formazione cinematografica è avvenuta però nella sua terra natia, dove è tornato fra il 1996 e il 1999 per studiare regia all’università di Bucarest. Il film presentato alla Berlinale racconta di una relazione difficile fra una madre e un figlio, in una società corrotta. “Quando parlo della famiglia – ha spiegato il regista – parlo sempre anche della struttura sociale”.
Il caso Panahi. Il regista iraniano, Orso d’argento per la migliore sceneggiatura, non ha potuto ritirare personalmente il premio perché, nonostante i ripetuti appelli del governo tedesco all’Iran, non è potuto andare a Berlino. La Germania aveva chiesto a Teheran di concedere un visto a Panahi, condannato nel dicembre 2010 a 6 anni di reclusione, affinché potesse partecipare al festival. Al regista del ‘Cerchio‘ (2000), però, è stata preclusa la possibilità di viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran per i successivi 20 anni. Già nel 2011, Panahi (Orso d’argento per ‘Offside‘ nel 2006), chiamato a far par parte della giuria della Berlinale, era stato ricordato con una sedia vuota nel giorno dell’inaugurazione.
Una recensione al film di Netzer
Potitia copilului (“Child’s Pose”) conferma da una parte la grande vitalità del cinema rumeno di oggi che si è fatto conoscere in Italia soprattutto con i film di Cristian Mungiu e Corneliu Porumboiu e a cui si può senza dubbio aggiungere il nome di Calin Peter Netzer, il cui respiro ossessivo si era già visto in Medalia de onoare, visto in concorso al Torino Film Festival del 2009. Dall’altra mostra invece sicuramente la grande capacità presente proprio nello sguardo del cineasta di annegare nella realtà e temere i personaggi sospesi in un limbo dopo l’accadimento di un fatto che, in modi diverse, ferma le vite di diversi personaggi.
Tutto accade una fredda serata di marzo. Mentre la madre Cornelia sta assistendo a una rappresentazione a teatro, suo figlio Barbu, ormai adulto, provoca un incidente d’auto e uccide un ragazzino. La donna, un architetto e rappresentate della ‘upper class’ rumena’, interviene direttamente facendo di tutto per evitare il carcere al figlio. Mette così in gioco le sue conoscenze e soprattutto cerca di inquinare le prove.
Ci sono più livelli dentro Child’s Pose. Il primo è la rappresentazione dell’alta borghesia rumena. Feste, serate mondane a teatro prima e poi la faccia nascosta, quella della corruzione dove Cornelia in qualche modo è l’emblema di molti suoi rappresentanti. Quindi manomissioni, buste con i soldi, personaggi oscuri che in cambio di un ingente somma di denaro possono manovrare e reinventare quello che è successo. Il secondo è più privato e mette in gioco, con una forza stratosferica, lo smisurato amore e la cecità di una madre verso il figlio e la scelta anche del brano Meravigliosa creatura di Gianna Nannini riduplica quell’urlo d’amore della canzone che è presente all’inizio e poi compare nei titoli di coda. Il terzo, più strettamente cinematografico, mostra come la rappresentazione realistica delle conseguenze di un evento su due famiglie mantiene all’inizio il tratto descrittivo che però poi si frantuma mettendo in gioco un impeto trascinante, quasi sanguigno.
Calin Peter Netzer ad un certo punto crea uno stordimento tale che si vede il fatto dentro la testa della famiglia del colpevole e della vittima. Stordimento creato anche dai lunghi piani-sequenza, dai dialoghi lunghissimi in cui si vedono i personaggi che si consumano nel dolore e, in questo senso è sensato l’accostamento con Una separazione. E come il film di Farhadi l’episodio cambia dal punto di vista non chi lo racconta ma proprio di chi lo vive sulla sua pelle e mette anche un gioco quella trasversalità tra classi sociali differenti che però trovano il proprio punto d’incontro in un finale di sconvolgente intensità.