di Bernardo Bertolucci
Italia 2012 –97’-
Lorenzo, un quattordicenne introverso che vive con difficoltà i rapporti con i suoi genitori e i compagni, decide di prendersi una “vacanza” chiudendosi in cantina, mentre tutti credono che lui sia partito per la settimana bianca. Per un’intera settimana lascerà fuori dalla porta tutti i conflitti e le pressioni perché diventi un adolescente “normale”. Decide di vivere qualche giorno in completo isolamento, con la sola compagnia di libri horror, lattine di coca-cola, scatolette di tonno e un formicaio da guardare al posto della TV. L’imprevisto però è letteralmente alla porta. Olivia, la sorellastra quasi sconosciuta, piomba nella cantina alla ricerca di alcuni suoi oggetti e irrompe nella vita di Lorenzo rovinando i piani della sua fuga dalla realtà. È una ragazza ribelle di venticinque anni, problematica e fragile ma diretta e lo scontro con il fratello nello spazio angusto e buio della cantina dove lei cerca riparo, è inevitabile. La convivenza forzata fa scaturire litigi, discussioni violente, sfoghi, ripicche, gelosie e rivincite, ma porta allo scoperto le fragilità e i pensieri di entrambi, improvvisamente alla pari e immensamente bisognosi dell’affetto l’uno dell’altro.
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Ebbene, “Io e te”, il nuovo film di Bernardo Bertolucci, ha per protagonisti Lorenzo (Jacopo O.Antinori) e Olivia (Sonia Bergamasco), giovani schiavi delle suddette prigionie.
Lorenzo ha quattordici anni e brama di starsene da solo a fare quel che gli va. L’occasione di assecondare la sua indole e scomparire una settimana da tutto e da tutti, arriva quando finge con i genitori di essere in settimana bianca con la scuola e si nasconde invece in cantina con viveri, computer e un formicaio in scatola da osservare con la lente.
Olivia è la sua sorellastra venticinquenne, artistoide e tossicodipendente che vive ad alta velocità e senza regole grazie agli effetti dell’eroina. I due s’incontrano dopo anni proprio nel sotterraneo di casa durante la fuga di Lorenzo. Olivia irrompe nella finta normalità che il ragazzo ha ricostruito in quella specie di appartamento da disperati indigenti e si piazza lì a tentare di disintossicarsi.
In questo microcosmo polveroso e angusto, i due passeranno dalla connivenza all’aiuto reciproco e si libereranno delle proprie catene; forzati dalle circostanze ad affidarsi l’uno all’altro, si rieducheranno ad avere fiducia nella vita e nel mondo.
Bertolucci torna a girare un film a quasi dieci anni di distanza dall’ultima opera, “The Dreamers” e si conferma un grande conoscitore delle pieghe dell’animo umano. Tratto dall’omonimo romanzo di Nicolò Ammaniti e presentato fuori concorso al Festival di Cannes, “Io e te” ha dentro la saggezza di un anziano e la freschezza di un bambino ed è la simbolizzazione della situazione personale vissuta dal regista durante la malattia che lo ha colpito negli ultimi anni e lo ha costretto su una sedia a rotelle. E’ un film piccolo, intimista ma potente e senza tempo, perché ritrae le cantine del nostro essere, quelle in cui giacciono impolverati i conflitti irrisolti e le paure, e non manca di mostrare la via d’uscita, la scala per risalire in superficie: la condivisione.
Il regista lavora per sottrazione, si svolge tutto in uno scantinato e principalmente tra due persone. Eppure ogni cosa, dal formicaio ai cappelli, è messa in quel piccolo spazio a simboleggiare qualcos’altro e aspetta di prendere vita in scena e portare, a chi la saprà cogliere, un suggerimento sul suo reale significato.
Questo non è il miglior film di Bertolucci, ma è davvero buon cinema. Di questi tempi, non è poco.
Di Serena Nannelli di “Il Giornale.it”